I dialoghi: come renderli realistici e coinvolgenti

I dialoghi sono il cuore pulsante di molti romanzi: fanno emergere la personalità dei personaggi, costruiscono tensione, trasmettono informazioni e creano ritmo. Ma non basta far parlare i propri protagonisti. I dialoghi devono essere credibili, dinamici e funzionali alla narrazione. In questo articolo esploreremo gli errori più comuni da evitare e alcune strategie per scrivere conversazioni autentiche e coinvolgenti.


Errori da Evitare nei Dialoghi Narrativi

1. Dialoghi didascalici

Spiegare troppo attraverso il dialogo è un errore frequente, soprattutto tra gli autori alle prime armi. Frasi come:

“Come sai, Marco, sei mio fratello e abbiamo vissuto insieme a Milano per dieci anni prima che tu partissi per Londra.”

I personaggi non si direbbero cose che già sanno. Questo tipo di esposizione forzata suona in modo artificiale e può far perdere credibilità al testo.

Alternativa: mostra l’informazione attraverso l’azione, la memoria, il sottotesto.

2. Linguaggio innaturale o troppo letterario

Scrivere un dialogo come si scriverebbe un saggio è un grave errore. Nella vita reale, le persone si interrompono, esitano, usano intercalari e a volte non completano le frasi.

Esempio poco realistico:

“Mi rincresce profondamente il fatto che tu non abbia mantenuto le promesse fatte in precedenza.”

Versione più autentica:

“Non ci credo… hai di nuovo fatto come ti pare. Ti avevo chiesto una cosa, una sola.”

3. Dialoghi riempitivi o inutili

Conversazioni banali o troppo aderenti alla realtà (“Ciao.” “Ciao, come va?” “Bene, tu?”) rallentano la narrazione. Ogni battuta deve avere uno scopo: rivelare carattere, creare conflitto, far avanzare la trama.

✅ Strategie per scrivere dialoghi autentici

1. Ascolta come parlano le persone

Prendi nota di come la gente parla davvero: i ritmi, le interruzioni, le parole ripetute, gli errori. Può sembrare caotico, ma proprio lì si nasconde la naturalezza.

🎧 Esercizio pratico: trascrivi un dialogo da un film/serie. Analizza il ritmo e le pause.

2. Usa il sottotesto

Spesso, ciò che conta non è cosa si dice, ma ciò che si tace. Il sottotesto è ciò che scorre sotto le parole: tensioni, emozioni, pensieri non detti.

Esempio:

“Allora, sei andato da lei ieri?”
“No… perché me lo chiedi?”
“Così, per sapere.”

Qui il non detto crea tensione e curiosità.

3. Dai a ogni personaggio una voce distinta

Evita che tutti i personaggi parlino nello stesso modo. Ogni voce deve riflettere la personalità, l’età, l’estrazione sociale e il vissuto di chi parla.

Suggerimento: prova a scrivere una battuta anonima. Se togli il nome, il lettore dovrebbe comunque intuire chi sta parlando.

4. Taglia il superfluo

Una buona revisione dei dialoghi è essenziale. Elimina frasi inutili, ridondanze, o espressioni piatte. Ogni battuta deve portare avanti la scena o approfondire un personaggio.


Conclusione

Scrivere dialoghi efficaci è un’arte che si affina con l’ascolto, l’osservazione e la riscrittura. Quando un dialogo funziona, il lettore si dimentica di star leggendo: si sente dentro la scena, come se fosse lì, accanto ai personaggi.

Vuoi migliorare i tuoi dialoghi? Prova a leggere ad alta voce ogni scena, o ancora meglio: recitala. Ti aiuterà a coglierne il ritmo e la naturalezza.

Valentina Becattini – Tuo Editor e…

Il tempo della narrazione

Guida alle forme verbali (e non solo) nella narrazione

Quando si scrive narrativa, non si scelgono solo le parole, ma anche il tono con cui raccontare. E il tono passa, spesso, proprio dai verbi: alcune forme, anche se oggi poco usate nel parlato, portano con sé un sapore letterario, evocativo, narrativo.

Scrivere narrativa significa scegliere con consapevolezza come raccontare, e uno degli strumenti più potenti per farlo è proprio la forma verbale. Il tempo in cui si svolge il racconto non è un semplice dettaglio grammaticale, ma un elemento stilistico di grande peso.


Il tempo della narrazione: il passato remoto

Il passato remoto è il tempo narrativo per eccellenza nella lingua italiana. Viene usato per raccontare azioni concluse e distanziate dal presente, ed è particolarmente efficace nei testi letterari e nei racconti. Ha un ritmo più secco, diretto, capace di dare energia e compattezza all’azione.

Esempio:

“Si sedette accanto al camino e attese in silenzio.”

suona molto più narrativo e coinvolgente di:

“Si è seduto accanto al camino e ha aspettato in silenzio.”

Nel primo caso, ci immergiamo in una narrazione classica; nel secondo, percepiamo un tono più cronachistico, vicino al parlato quotidiano.

Forme verbali doppie: letteraria vs narrativa comune

Alcuni verbi italiani hanno due forme corrette al passato remoto: una più alta o letteraria, una più comune. Alcuni esempi sono:

sedé variante alta / sedette variante comune (dall’infinito sedere)
cadé / cadde (inf. cadere)
piacé (arcaico) / piacque (inf. piacere)
apparì / apparve (inf. apparire)
sparì / sparve (inf. sparire)
volé (arcaico) / volle (inf. volere)


Il presente narrativo: immediatezza e coinvolgimento

Anche il tempo presente può essere una scelta narrativa efficace. Pur essendo meno usato nella narrativa tradizionale, ha un potere particolare: dona immediatezza, fa sentire il lettore dentro l’azione, come se tutto accadesse sotto i suoi occhi, in tempo reale.

È usato spesso nei librogame, dove serve a coinvolgere direttamente il lettore in una modalità interattiva:

“Apri la porta ed entri nella stanza buia. Una figura ti osserva in silenzio.”

In altri casi, il tempo presente trova spazio in cornici narrative ben precise, come nei romanzi epistolari o nei diari personali, dove presente e futuro assumono una funzione narrativa forte, legata all’autenticità della voce interiore del personaggio.

Scegliere il tempo presente significa assumere una posizione stilistica chiara, diversa da quella del passato remoto, ma altrettanto potente. Non si tratta solo di “moda” o di comodità grammaticale, ma di uno strumento narrativo consapevole.

Anche alcuni sostantivi possono arricchire la narrazione se si scelgono varianti meno colloquiali. Alcuni esempi:

Seggiola per Sedia
Dimora per Casa
Figlio d’Uomo per Uomo
Fanciullo per Bambino
Timore per Paura
Compagno per Amico

Naturalmente, è bene usare queste parole con equilibrio: troppe tutte insieme rischiano di rendere il testo rigido. Ma scelte mirate possono dare colore e atmosfera al racconto.


Conclusione

Scrivere narrativa non è solo raccontare cosa succede, ma soprattutto come succede. Le forme verbali — insieme a scelte lessicali mirate — possono dare profondità, ritmo, stile al racconto.

Il passato remoto è la voce classica della narrazione italiana, ma non l’unica. Anche il presente può creare effetti potenti: immediatezza, interazione, intimità. L’importante è scegliere con intenzione, con consapevolezza, e non per abitudine.

Perché ogni tempo verbale è una lente diversa sulla storia. E un bravo narratore sa quando cambiare lente per ottenere l’effetto desiderato.

Valentina Becattini – Tuo Editor e…