Il Viaggio dell’Eroe: guida narrativa o cliché da evitare?
Il Viaggio dell’Eroe è una delle strutture più conosciute e utilizzate nella narrativa contemporanea. Ma è ancora un valido alleato per lo scrittore moderno o rischia di trasformarsi in una gabbia narrativa? In questo articolo analizziamo le sue origini, la sua evoluzione e come usarlo (o sovvertirlo) in modo efficace.
Le origini: Campbell e Vogler
Tutto parte da Joseph Campbell, mitologo e antropologo, che nel 1949 pubblica L’eroe dai mille volti, identificando il “monomito” comune a tutte le culture: una sequenza archetipica di eventi che l’eroe affronta nel suo cammino di trasformazione.
Christopher Vogler, negli anni ’90, semplifica e adatta il modello per Hollywood, creando una struttura in 12 tappe, divenuta la spina dorsale di moltissimi film e romanzi di successo:
- Mondo ordinario
- Chiamata all’avventura
- Rifiuto della chiamata
- Incontro con il mentore
- Attraversamento della prima soglia
- Prove, alleati e nemici
- Avvicinamento alla caverna più profonda
- Prova centrale
- Ricompensa
- Via del ritorno
- Resurrezione
- Ritorno con l’elisir
Perché funziona ancora
Il Viaggio dell’Eroe rispecchia un processo psicologico universale: l’evoluzione interiore. Dà struttura e ritmo alla narrazione, guida l’arco del personaggio e facilita l’identificazione del lettore.
Questa mappa narrativa permette di costruire storie solide, ricche di tensione e significato. Non a caso è ancora oggi utilizzata in ambito cinematografico, letterario e persino nel marketing narrativo.
Quando diventa un cliché
Se applicata in modo meccanico, questa struttura rischia di produrre storie prevedibili e personaggi stereotipati. Molte narrazioni contemporanee sembrano variazioni dello stesso schema, impoverendo la varietà narrativa.
Il rischio è soprattutto nella ripetizione degli archetipi senza reinterpretazione: il mentore saggio, l’antagonista oscuro, l’eroe riluttante… tutti già visti e prevedibili.
Come innovare il Viaggio dell’Eroe
Molti autori moderni giocano con la struttura per rinnovarla:
- Cambiando il protagonista: l’eroe può essere un’antagonista, una figura marginale o collettiva.
- Spostando il focus: il viaggio diventa interiore, simbolico, oppure collettivo.
- Rimescolando le tappe: l’ordine può essere alterato o alcune fasi omesse.
- Usando generi alternativi: dal realismo magico alla speculative fiction.
Esempi notevoli includono Mad Max: Fury Road (eroe passivo, co-protagonista attivo), Everything Everywhere All At Once (viaggio frammentato e multiversale), o romanzi come Circe di Madeline Miller, dove l’epica diventa intima.
Consigli pratici per scrittori
- Parti dalla struttura, ma non farti dominare: usala come bussola, non come prigione.
- Chiediti: “Che tipo di trasformazione affronta il mio personaggio?”
- Gioca con le aspettative del lettore: sovverti archetipi e tappe classiche.
- Integra il contesto culturale: non tutti i viaggi devono essere occidentali.
Conclusione
Il Viaggio dell’Eroe resta un potente strumento narrativo, ma va usato con consapevolezza. In un panorama sempre più vario e complesso, ciò che conta è la voce dell’autore e la verità emotiva del personaggio. Che tu scelga di seguirlo, reinventarlo o evitarlo, ricorda: ogni storia è un viaggio. E ogni scrittore è, a suo modo, un eroe.